lunedì 29 agosto 2016

Intervista sul libro "QUELLO CHE SAREMMO STATI" a cura di Martina Mazzaro (Il Camposampierese)

Raccontare la storia non è semplice. Conflitti, perdite, dolore, ma anche forza, speranza e vittoria. Qual è, quindi, il vero trionfo? Se lo potessimo chiedere ad un soldato, probabilmente ci risponderebbe che la conquista più grande è ritornare a casa. Purtroppo, però, la guerra non guarda in faccia nessuno. Date, battaglie, trattati… Forse la vera Storia, quella con la S maiuscola, sono le persone. Negli ultimi anni nella società si respira l’esigenza pura di trascrivere queste storie. Racconti di chi ha vissuto il conflitto non solo in prima persona, ma anche di chi, la guerra, l’ha vista da lontano. Parliamo delle donne che, da casa, attendevano i loro mariti, o ancora dei figli che ogni giorno si affacciavano alla finestra con la speranza di vedere il padre o il fratello tornare dai campi di battaglia. Magari per sempre. Magari sognando una pace che, ancora oggi, l’uomo non è in grado di stipulare. Quello che hanno voluto fare Ruggero Dal Molin, ricercatore storico e imprenditore artigiano di Bassano del Grappa, e Saverio Mirijello, anche lui ricercatore storico e pubblicista di Vicenza, è raccontare la storia di un uomo, un avvocato cinquantenne alla ricerca della verità sul padre che non ha mai conosciuto, e che la guerra gli ha strappato.
Quello che saremmo stati”, questo il titolo del libro che, dopo la prima ad Asiago, i due autori presenteranno a Villanova di Camposampiero, racconta un conflitto interiore, un viaggio nel tempo e nella storia attraverso i luoghi che, oggi, sono rimasti un simbolo del nostro tricolore. L’incontro, organizzato dal comune di Villanova in collaborazione con la Pro Loco e con il Comitato Biblioteca, avrà luogo venerdì 2 settembre alle 19 nello spazio adibito alla mostra del libro, in piazza Mariutto 13.
Signor Mirijello, com’è nata l’idea di scrivere questo romanzo?
«Quando ho conosciuto Ruggero, mi ha raccontato di questo soggetto che aveva in mente e cercava qualcuno che lo aiutasse a rendere le sue idee pagine di un libro. E’ nata una bella amicizia, che poi si è trasformata in una collaborazione. Così, cinque anni fa, ci siamo messi al lavoro. Il nostro progetto era quello di narrare una storia non tanto bellica ma, piuttosto, che raccontasse di come la guerra influisce sulla vita delle persone. Dopo aver letto una lettera del tenente Ferrero, realmente esistito, abbiamo pensato di far coincidere la scoperta di questo documento con la storia del protagonista che, negli stessi anni, trova una lettera in cui sono riportate alcune informazioni sul padre scomparso. E’ un espediente per dare alla storia reale una sfumatura romanzata, in modo che il lettore possa trovare una certa corrispondenza. Dopo lunghi anni di ricerche e di raccolta di testimonianze, siamo riusciti a pubblicare questo testo».
Un romanzo che omaggia non solo il nostro territorio, ma anche la figura femminile.
«Nel romanzo ho creato la figura di Sonia, moglie del protagonista, per dimostrare quanto sia importante la donna. Uno degli argomenti di cui non si è mai parlato abbastanza e che ho voluto proporre nel libro è proprio quello della figura femminile nel contesto della guerra: la donna nelle retrovie, che ha portato avanti l’economia e la società, ma anche la donna come forza morale. Prima subisce la guerra dal punto di vista fisico, poi interiore. Una donna che deve curare gli uomini, aspettarli al ritorno a casa, badare ai figli e portare avanti la famiglia. Nel romanzo Sonia è l’emblema del mondo femminile».
E’ una storia che racconta una tragedia, quella della guerra e della perdita di una persona cara, ma in cui la speranza e il desiderio di conoscere la verità sono una sorta di omaggio alla vita.
«Esatto. Nel libro non si parla solo della tragedia della guerra, ma anche di come la gente affronta la quotidianità. Alcuni capitoli sono dedicati al rapporto che ha il protagonista con i figli, le uscite in famiglia, i giochi… La sofferenza per la perdita di una persona cara è contrapposta al coraggio di ogni giorno nel portare avanti la propria vita. Quella degli anni Cinquanta era un’Italia diversa. L’inizio della ricostruzione, poi il boom degli anni Sessanta… c’era molta più speranza nel futuro rispetto ad oggi. Però, allo stesso tempo, vi erano molti ostacoli e ricordi non facili da superare. La Grande Guerra prima, un secondo conflitto mondiale poi. Le ferite non erano ancora del tutto guarite, ma la speranza e l’impegno nel portare avanti la propria vita volevano essere un omaggio alla stessa vita».
Un libro che parla dei valori di un tempo, sicuramente molto diversi rispetto a quelli della società odierna.
«Stiamo parlando di una società che veniva dall’Ottocento, con dei valori importanti, legati al senso di appartenenza alla Nazione. La gente andava a morire senza sapere esattamente le ragioni per cui combatteva. L’obiettivo era difendere la propria casa. Tra le numerose testimonianze che ho raccolto durante le mie ricerche, erano molti i soldati che avevano gli austriaci davanti a sé mentre alle spalle si trovavano le loro famiglie, il loro paese. Stiamo parlando dei valori della gente umile, povera dal punto di vista dell’istruzione ma sicuramente molto più ricca rispetto all’appartenenza alla patria, alla difesa della famiglia, alla voglia di farcela.  Troppo spesso i soldati sono visti come degli automi, come macchine costruite per combattere, per vincere. Ma sono persone che hanno una loro dignità, dei principi, per questo devono essere valorizzati, raccontati e, quindi, ricordati».
Un libro ricco di Storia ma anche di storie; un romanzo nato per non dimenticare, ma allo stesso tempo per dimostrare l’importanza del futuro: la capacità di superare il passato, di non ripetere gli stessi errori; la storia di un uomo che potrebbe essere uno di noi, e di una donna che rappresenta al meglio la forza femminile.
L'incontro con gli autori Ruggero Dal Molin e Saverio Mirijello sarà una serata di cultura, storia, nonché un omaggio al nostro territorio.

Nessun commento: