lunedì 25 luglio 2016

Recensione del libro "QUELLO CHE SAREMMO STATI" a cura di Milena Nebbia (Il Giornale di Vicenza)

Ortigara, il massacro - La storia in un diario: quanto vale la vita?

Romanzo storico racconta il dopo per dare un senso a quella guerra

«Quanto vale una vita, mi chiedo adesso, a quanto deve giungere la brutalità immensa di un assurdo crogiolo gigantesco in cui vengono sacrificate vite, risorse, forze vive»? Se lo domanda Giovanni, il protagonista del romanzo storico "Quello che saremmo stati", Attilio Fraccaro editrice di Bassano, che verrà presentato oggi alle 17.30 nella sala consiliare del Comune di Asiago alla presenza degli autori, Ruggero Dal Molin e Saverio Mirijello. Forse sarebbe meglio dire che i protagonisti sono invece loro, le "vite sacrificate", gli oltre ventimila caduti di quel tragico giugno del 1917 sull'Ortigara contro gli austriaci, di cui quasi seimila soltanto l'ultimo giorno, in una delle più sanguinose battaglie mai combattute dagli italiani? Moltissimi furono gli eroi, immacolati nella loro estrema dedizione, caduti ad affollare quel terribile cimitero all'aria aperta che ancora oggi è quell'intera zona. Tra gli altri il padre di Giovanni, appunto, brillante avvocato di Vicenza, di cui, dopo la morte della madre, viene casualmente a conoscere alcune circostanze della morte da un carteggio ritrovato in una scatola con gli effetti personali materni. La rivelazione per lui è sconvolgente e lo anima nella ricerca della verità su ciò che accadde davvero in quei giorni nella battaglia per la conquista della montagna sacra agli Alpini. Ne viene fuori un diario che va dal novembre 1957 al settembre 1958, in cui, vengono lasciati sullo sfondo il Veneto e l'Italia degli anni Cinquanta, un paese più povero quest'ultimo, ma forse anche più semplice e meno complicato di oggi, a tratti esaltante per la sfida della ricostruzione, del ricominciare, quando nelle famiglie della media borghesia, come quella del protagonista, arrivò l'acquisto della Fiat 1100, del televisore con cui si poteva seguire "Lascia o raddoppia", della lavatrice, del primi frigorifero. E mentre si ricostruisce l'Italia, anche l'animo di Giovanni un po' alla volta, scoprendo il valore delle azioni paterne, si rafforza, e lui ritrova quella parte mancante della sua storia, a partire dagli otto anni, quando si seppe che il padre risultava disperso in guerra e i silenzi della madre ne occultarono in parte la memoria. Dal Molin e Mirijello, entrambi ricercatori storici con alle spalle apprezzate pubblicazioni, ci regalano un libro in cui si mescolano romanzo e storia: i riferimenti e alcune letture di pubblico dominio, che sono anche documentate, si alternano a taluni personaggi che, pur immersi in un contesto storico facilmente riscontrabile, sono frutto della fantasia degli autori. Ma il tutto si armonizza perfettamente, così la storia di pura fantasia di Francesco Ricci, del terzo reggimento Alpini battaglione Val Dora, 231a compagnia, si mescola con quella del Tenente Adolfo Ferrero, dello stesso battaglione, ma realmente esistito e di cui sono riportati stralci della sua straziante lettera-testamento alla famiglia, in cui si dichiarava pronto e quasi ansioso del sacrificio estremo in nome della patria. Parole scevre di retorica e di umani sentimenti di orgoglio, parole di un uomo coraggioso, ligio al dovere, parole che dovrebbero servire da monito affinchè eccelse qualità umane non debbano più essere invocate per risolvere diatribe, conflitti all'interno del genere umano.

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